IL CODICE DELL’ANIMA

Ambito: realizzazione personale.

“A questo punto, diventa straordinariamente facile comprendere la nostra vita: comunque siamo, non potevamo essere altrimenti. Niente rimpianti, niente strade sbagliate, niente veri errori. L’occhio della necessità svela che ciò che facciamo è soltanto ciò che poteva essere.”

James Hillman

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Quando si parla di codice io penso a quello della catena della bicicletta che mi sono dimenticato (e ora non riesco più a togliere la catena dal manubrio…). In genere quando si sente “codici” ci viene in mente il codice “PIN” del Bancomat, del cellulare o computer, o le centinaia di password che ormai ognuno di noi si deve ricordare per l’accesso ai siti internet dove siamo registrati. Agli amanti dei libri gialli – e dei film – la parola “codice” riporta immediatamente a “da Vinci”: “Il codice da Vinci”, Dan Brown, circa 85 milioni di copie del libro vendute e 760 milioni di dollari incassati dal film.

Il libro “Il codice dell’anima” di James Hillman non c’entra niente con tutto quello che ho scritto sopra ed è uno dei libri più “rivelatori” che ho letto quest’anno (e negli ultimi anni).

L’AUTORE E PERCHE’ LEGGERE QUESTO LIBRO

Chi è James Hillman?

James Hillman, psicanalista – saggista – filosofo, aveva conosciuto Jung, e divenne anche Director of Studies al C.G. Jung Institute in Svizzera dopo essersi diplomato con summa cum laude all’Università di Zurigo. Ha scritto numerosi saggi e libri, e qui trovi il suo più famoso, “Il codice dell’anima” appunto, che ha scritto nel 1996, e nel quale traspare tutta la sua preparazione psicologica – filosofica e sociologica.

Perché leggere questo libro?

Il libro mi è piaciuto perché permette di capire delle parti “misteriose” di noi che non sono facili da spiegare. Grazie alla consapevolezza di queste parti possiamo “fare la pace” con quelle spinte “esistenzialiste” che abbiamo tutti e di cui ci sfugge l’origine.

In questo libro si capisce che non siamo solo persone razionali abili nei ragionamenti, non siamo neanche fatti solo di emozioni che ci sballottano di qua e di là in base alle situazioni della vita, ma abbiamo anche una natura “misteriosa” che ci “muove” e che si vuole esprimere.

Se vuoi saperne di più di questa parte “segreta” vai avanti!

LE 3 LEZIONI DEL LIBRO “IL CODICE DELL’ANIMA”

Come sempre, in questa “sintesi di Armonia sul Lavoro” ti riporto i messaggi più importanti del libro, quelli che voglio condividere con i miei lettori “evolutivi”. 

Vediamo 3 (S)punti che sono come dei flash, degli stimoli potentissimi, che possono aiutarti a cambiare il modo di vivere la vita fin da subito:

  1. La relazione fra la vita materiale e quella spirituale: la teoria della ghianda, del daimon vocazione (centro del libro)
  2. Il recupero del mistero – dell’invisibile – nella vita quotidiana
  3. La rilettura delle biografie delle vite delle persone e il superamento della mediocrità

In questo articolo non riassumo tutto il libro, ma getto dei semi per stimolarti a leggerlo (qualora non lo avessi ancora fatto…) in modo che anche tu possa trarne quel “nutrimento” spirituale e di comprensione di te stesso che ho ricevuto io.

SPUNTO # 1: La ghianda e il Daimon

Ognuno di noi nasce con una vita ‘corporale’ che noi tutti ben conosciamo: aspetto esteriore, viso, corpo e che comprende anche la mente, la razionalità, il ragionamento, … + una GHIANDA in nuce che in qualche modo deve dispiegarsi, aprirsi al mondo, ‘discendere’ nel mondo, e che è la nostra vocazione. La vocazione non è da intendere in senso religioso, ma da interpretare come quella aspirazione dentro di noi che deve realizzarsi qui sulla terra, il cosiddetto “scopo della vita”!

Questa ghianda, chiamata anche “Daimon”, è come se vivesse di vita propria in noi e fuori da noi, giacchè è una parte spirituale, fuori quindi dalla nostra corporalità, ma che è a noi legata. E la ghianda chiede espressione proprio alla parte corporale.

E’ una parte di noi che possiamo chiamare “ribelle”, che vuole farci fare cose diverse da quelle “ordinarie” e prefissate dagli schemi della società. Il Daimon è anche una parte creativa. E’ una parte che persegue un obiettivo che non riconosciamo a livello razionale e ci fa fare delle scelte che ci sorprendono.

“Perché il daimon coglie di sorpresa. Con i suoi interventi contrasta le mie intenzioni, a volte con un impercettibile moto di esitazione, altre con una fulminea infatuazione per qualcuno o per qualcosa. Queste irruzioni improvvise sembrano di poco conto e irrazionali; si può benissimo ignorarle; eppure comunicano anche un senso di importanza, che può esclamare, retrospettivamente il destino”.

James Hillman

Da qui una sorta di conflitto, negazione, perché la parte corporale da una parte fa fatica a vedere la parte “Daimon” e riconoscerla e soprattutto, anche quando la vede, si guarda bene dal cederle il controllo!

Ma senza il daimon anche la parte corporale fa poca strada, perché è legata a doppia mandata con il daimon. Il daimon è sceso nel mondo insieme al corpo e necessita di essere manifestato.

Finchè non si esprime il daimon, la parte corporale vaga in una terra priva di realizzazione e sperimenta il vuoto a livello profondo, in maniera più o meno consapevole. La sensazione di “mancata realizzazione” è strettamente collegata alla mancata espressione del daimon. Anche la necessità di continue distrazioni è legata ad una ghianda non ancora dischiusa.

Spunto 1: ascolta il tuo bambino interiore e non richiuderlo sempre dentro a un cassetto!

“La vocazione si esprime nei capricci e nelle ostinazioni, nelle timidezze e nelle ritrosie che sembrano volgere il bambino contro il nostro mondo, mentre servono forse a proteggere il mondo che egli porta con sé e dal quale proviene.”

James Hillman

SPUNTO # 2: Il mistero e la bellezza

Per trovare la nostra vocazione dobbiamo ricontattare il mistero. Nella mia vita spesso sono andato alla ricerca di qualcosa che non sapevo cos’era. E, non sapendo lo scopo di questi miei ‘peregrinaggi’ ho poi perso un po’ l’abitudine a frequentare quel posto, quell’altrove, che non è spiegabile a parole e non sembra avere un senso razionale per esistere, ma forse ha più senso di tante cose banali e scontate che facciamo tutti i giorni.

In particolare mi ricordo che mentre frequentavo l’Università finivo di studiare e di fare le attività ‘necessarie’ alla vita intorno alle ore 23:00. Dopo, nel bel mezzo della notte, prendevo la Vespa e andavo a camminare nella passeggiata di Nervi, e guardavo il mare.

Andavo da solo, non avevo appuntamenti se non con me stesso.

Non so cosa cercassi, non lo so ancora adesso che sono passati 20 anni, ma quelle uscite avevano – ed hanno – un senso per me, pur non spiegabile a parole.

E’ mai capitato anche a te di fare – o desiderare di fare – qualche peregrinaggio solitario nella natura?

Il mistero ci rimette in contatto con tutta la nostra parte ‘sensibile’ e ultra-sensibile (oltre i 5 sensi): le nostre poesie, il nostro vagabondare senza meta, la nostra contemplazione della natura e del silenzio, le fotografie che scattiamo a qualcosa che ci colpisce e improvvisamente diviene ‘urgente’…

Forse lì, da qualche parte, in quel mistero, c’è la nostra ghianda, il nostro daimon. Forse è lui che cerchiamo nei nostri vagabondaggi notturni, che proviamo a esprimere in versi, che tentiamo di scorgere nella contemplazione della natura o di immortalare con le foto dei nostri cellulari… quell’invisibile che è dentro o vicino a noi.

Questi viaggi ci mettono in contatto con la natura e la bellezza. Anche Julia Cameron, nel suo preziosissimo libro “La via dell’artista”, parla di questi viaggi solitari nella natura. I momenti che riusciamo a ritagliarci per andare nella natura e contemplare la bellezza, di tuffarci nei nostri abissi esistenziali nelle nostre scorribande notturne, sono una via per ricaricare il pozzo e rimetterci in contatto con una parte silenziosa e potente nascosta dentro di noi.

Spunto 2: permettiti di prenderti dei momenti di solitudine e tuffati nella natura!

“Di tutti i peccati della psicologia, il più mortale è la sua indifferenza per la bellezza.”

James Hillman

SPUNTO # 3: Biografia e unicità

Il libro di Hillman è costellato di biografie, di storie di persone realmente esistite. Solo per citarne alcune: Quentin Tarantino, Woody Allen, il torero Manuel Manolete, Kissinger e Nixon tra i presidenti degli Stati Uniti, Ghandi e Hitler quando Hillman analizza “il cattivo seme”. Le loro biografie vengono analizzate non tanto per cogliere gli aspetti razionali legati alla parte della vita ‘corporale’ che tutti conosciamo (vedi SPUNTO 1), ma per ricercare la manifestazione della loro vocazione.

Studiando nel profondo le loro biografie si può desumere e riconoscere la parte legata alla ghianda, al daimon, che in qualche modo è riuscita a trovare espressione in quelle vite. Analizzando questi personaggi si vede come la loro “vocazione” si manifestava già fin da bambini, in modo completo,con una presenza che era già totale, non necessitava di sviluppo alcuno.

Il daimon è già completo quando nasciamo, gli manca solo la manifestazione.

Ma non sono solo le biografie dei personaggi raccontati che hanno manifestato il loro daimon che sono “importanti”. Ognuno di noi, con la sua unicità, è uguale agli altri – in quanto essere unico portatore di un suo specifico daimon – e diverso da tutti gli altri: la vocazione di ciascuno di noi è personalissima e richiede una sua espressione unica!

Non esiste quindi la mediocrità, l’essere mediocri, lo svolgere un lavoro mediocre, …

Ognuno di noi, con la sua biografia, con le sue caratteristiche e il suo carattere, è unico, originale ed esprime e può esprimere sempre più il suo carattere e la sua vocazione in questa presenza terrena.

Avevo proprio scritto un articolo sulla nostra unicità qualche anno fa: “TU SEI PERFETTO COSÌ COME SEI (anche se non ti sembra…)” -> clicca qui per aprirlo.

Spunto 3: ricerca e vivi la tua originalità serenamente, siamo tutti qui per esprimere noi stessi!

“Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, ci dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino.”

James Hillman

THE CONCLUSION

Una cosa che ti confesso subito con onestà è che il libro NON dà indicazioni su come trovare il tuo daimon. Non ti dice come dischiudere la tua ghianda, come puoi trovare la tua vocazione: non è uno di quei libri di auto-aiuto che fornisce tecniche e suggerimenti utili per realizzare un obiettivo.

E probabilmente proprio questo è il grande valore del libro.

Io non avevo l’aspettativa di trovare il mio Daimon leggendo “Il codice dell’anima”. Penso che metterci in contatto con la nostra parte legata al mistero, farcelo riassaporare, valga più di qualsiasi ‘esercizietto’ per trovare un qualcosa che non va neanche chiesto alla nostra parte cosciente.

Il codice dell’anima porta nella nostra vita qualcosa che molti di noi hanno perso, che io avevo un po’ smarrito, una fiducia in quegli aspetti di noi più misteriosi, meno definibili e raccontabili, che non necessitano di essere narrati ma solo espressi, parti di noi a cui è importante riconnettersi, invisibili ma altrettanto fondamentali per la nostra sopravvivenza come il bere, il dormire e il mangiare.

Quello che possiamo chiamare: “il nutrimento per la nostra anima”.

E prima di lasciati, magari proprio alla lettura del libro, mi piace concludere la sintesi con questa bellissima frase dell’autore:

“Ci sono più cose nella vita di ogni uomo di quante ne ammettano le nostre teorie su di essa”.

James Hillman

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buona evoluzione!

Al

Dott. Alberto Ruffinengo Counsellor Professionista Psicosintetico a indirizzo Aziendale
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