UN METODO IN 4 PASSI PER MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE (E LE RELAZIONI) SUL LAVORO

Le relazioni sul lavoro sono fatte di un unico ingrediente: la comunicazione.

Se impariamo a comunicare, non avremo mai problemi nelle relazioni con gli altri.

“Certo Albe, ma come si fa? Io comunque so già comunicare…”.

Il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione.

Zygmunt Bauman

La frase di Bauman non vale solo per le relazioni amorose, ma per tutte le relazioni, anche quelle sul lavoro!

Tutti pensiamo di saper comunicare, perché parliamo una lingua che gli altri capiscono e ci sembra che gli altri ci ascoltino… Ma parlare non vuol dire saper comunicare.

Prova a fermarti un attimo: a quanti conflitti hai assistito sul lavoro anche solo nell’ultima settimana per la mancanza di capacità di comunicare?

Quante volte vediamo le persone che si intestardiscono sui loro punti di vista senza ascoltare e comprendere quelli dei loro interlocutori?

Quante volte se le persone comunicassero veramente le riunioni potrebbero durare 5 o 10 minuti anziché delle ore?

I problemi di comunicazione hanno un impatto in tutte le nostre relazioni: con il capo, con i colleghi, con i clienti…

Capita un po’ a tutti di sentirsi incompresi e di pensare: “Possibile che gli altri non capiscano cosa intendo dire?”, oppure: “Ma perché non ascoltano anziché parlare?”.

Il problema è che nella comunicazione si mischiano diversi elementi, vediamo i 6 più importanti:

  1. fatti,
  2. emozioni,
  3. pregiudizi,
  4. valori,
  5. umori,
  6. aspettative.

Sono rare le persone che riescono a mettere “in ordine” questi elementi prima di comunicare, per questo viviamo in un mondo così ‘conflittuale’ e facciamo molta fatica a raggiungere i nostri obiettivi o a farci comprendere dagli altri.

Ed è l’incapacità di comunicare che rende le aziende e altri posti di lavoro teatri di atteggiamenti competitivi e ostili anziché collaborativi e armoniosi.

Ma se sei arrivato a leggere questo post, allora è venuto il momento anche per te di mettere in ordine questi elementi e trasformarti in un “super comunicatore modello”!

Uno dei migliori strumenti che ci può aiutare in questo compito è il modello della “Comunicazione Non Violenta” o “empatica” ideata dallo psicologo americano Marshall Rosenberg e ben espressa nel libro “Le parole sono finestre [oppure muri]”.

Vediamo insieme le 4 componenti della comunicazione empatica.

Prima di iniziare però dobbiamo tenere a mente un punto molto importante: se in un confronto una persona si sente criticata, tende a investire le sue energie nell’AUTODIFESA o nel CONTRATTACCO.

Se la comunicazione si mette su questi binari sarà difficile avere uno scambio proficuo: sugli effetti di una critica puoi leggere l’articolo “Migliorare le relazioni al lavoro? “Non Criticate, Non Condannate, Non Recriminate” mentre per approfondire i modi per effettuare una critica “Criticare senza Offendere: i 7 Segreti della Critica Costruttiva”.

Lo scopo dei 4 passaggi della comunicazione empatica è quello di far presente il proprio punto di vista all’altra persona partendo dal proprio vissuto personale, senza attaccare l’altro ma muovendo specifiche richieste opportunamente contestualizzate.

Vediamo come fare per esprimersi in questo modo.

1. OSSERVAZIONE:

Osserviamo quello che sta accadendo in una certa situazione. Che cosa dicono o fanno le altre persone intorno a noi? Il lavoro da fare in questa prima fase è quello di ascoltare quello che accade senza emettere giudizi o valutazioni personali. E’ necessario separare l’osservazione dalla valutazione, cosa tutt’altro che semplice perché siamo stra-abituati a valutare mentre osserviamo quello che succede! Abbiamo bisogno di osservare con chiarezza quello che vediamo, sentiamo o tocchiamo, senza mescolare ad esso alcuna valutazione.

Vediamo un esempio di questa modalità di “osservazione” tratto da una canzone di Ruth Bebermeyer:
“Ho guardato il più intensamente possibile ma non ho mai visto un cuoco:
ho visto una persona che mescolava ingredienti che poi avremmo mangiato,
una persona che girava una manovella e sorvegliava il forno che cuoceva la carne,
ho visto queste cose ma non ho visto un cuoco.
Ditemi se guardate vedete un cuoco o qualcuno che fa delle cose che chiamiamo cucinare?”.

Mischiare l’osservazione con la valutazione fa sì che la persona che ci ascolta “sente” una critica e tende ad opporre resistenza a quello che diciamo.

Osservare senza valutare è la forma più elevata di intelligenza umana.

J. Krishnamurti

2. EMOZIONI:

La seconda fase è sentire quello che proviamo in relazione a quella situazione che abbiamo osservato. Come ci sentiamo? In questo passaggio è fondamentale avere maturato un po’ di competenze emotive. Che emozioni stiamo provando?

Per riconoscerle possiamo partire dalle emozioni principali: Rabbia, Tristezza, Paura o spavento, Gioia, Sorpresa o Disgusto.

Se non proviamo l’emozione sopra indicata “pura”, potremmo provare a riconoscere le sfumature di queste emozioni…

“Ma Albé, ché sono ste sfumature?!?”

Bé, ad esempio potremmo provare alcune sfumature della Rabbia, come “fastidio, “irritazione” o addirittura “vendetta”, oppure delle sfumature della Paura come “apprensione”, “nervosismo”, “timore” fino ad arrivare al “panico”.

Sviluppare un buon ‘dizionario’ emotivo ci è molto di aiuto nel riconoscere che cosa stiamo provando nelle diverse situazioni che ci capita di vivere, non solo al lavoro, anche nei conflitti in famiglia o con gli amici!

3. BISOGNI:

Dopo aver “osservato” lucidamente quello che accade, aver riconosciuto le nostre “risposte emotive“, possiamo focalizzare quali sono i nostri bisogni: quali sono i bisogni collegati alle emozioni che proviamo?

Di che cosa abbiamo bisogno in quella situazione ed in considerazione dell’emozione che stiamo sentendo?

Ad esempio qualche giorno fa ho sentito due colleghi che parlavano delle modifiche da fare su un contratto (osservazione). Siccome stavo lavorando anche io sullo stesso contratto per altre tematiche (un contratto di oltre 60 pagine e pieno di argomenti!) mi è venuta un po’ di apprensione perché avevo paura di perdere il controllo del progetto se non avessimo fatto le modifiche al contratto in modo coordinato.

  1. Ho OSSERVATO che i due colleghi stavano parlando di un contratto sul quale, per altri versi, stavo lavorando anche io.
  2. Ho riconosciuto l’EMOZIONE dell’apprensione per il fatto che non mi avevano coinvolto sul tema. Una mancanza di coordinamento degli interventi avrebbe potuto impattare sui risultati del mio progetto.
  3. L’emozione mi ha aiutato a capire il mio bisogno: l’apprensione è una sfumatura della PAURA che è un’emozione che ci fa vedere “in anticipo” un pericolo in modo da attivare tutte le risorse che ci possono aiutare a scongiurare un danno. Ho espresso così il mio BISOGNO: “Ciao Mario e Francesco, ho sentito che state lavorando sul contratto di quella controparte. Come sapete anche io sto lavorando su quel contratto che rientra nel progetto “XYZ” di cui sono responsabile: ho paura che se non ci muoviamo in modo coordinato potrei non riuscire a rispettare le scadenze di progetto e ne sarei addolorato…”.

4. RICHIESTE ARRICCHENTI:

Si arriva così all’ultima fase, quella delle richieste da fare agli altri.

Terminata la fase di osservazione, di riconoscimento delle proprie emozioni ed espressione dei bisogni si possono muovere le richieste agli altri, esplicitando tutti i passaggi che abbiamo fatto in modo tale da giocare “a carte scoperte” e dando così la possibilità agli altri di sapere non solo cosa vogliamo da loro, ma anche perché lo vogliamo e come ci sentiamo. Le richieste sono vere e proprie azioni che chiediamo agli altri di realizzare in coerenza con la situazione che stiamo vivendo, le nostre emozioni ed i nostri bisogni.

Esprimere richieste in questo modo aiuta a instaurare l’empatia: quando condividiamo con gli altri le nostre emozioni e i nostri bisogni o desideri per gli altri è più facile rispondere in modo positivo e senza reagire con fastidi per richieste che, se non contestualizzate, potrebbero suonare come delle invasioni di campo. Nel mio caso ho detto che se non fossi riuscito a rispettare la scadenza per dei problemi di coordinamento ne avrei sofferto. Questo ha aiutato Mario e Francesco a entrare in empatia con me:

La fragilità può diventare una forza!

Così, riprendendo l’esempio precedente, dopo aver ultimato l’osservazione, essere entrato in contatto con l’emozione dell’apprensione ed aver espresso i miei bisogni ho effettuato la mia richiesta: “Vi posso chiedere se avete finito la vostra parte di modifiche o quando pensate di finire così da avere una idea dei tempi totali? Ne ho bisogno anche perché vorrei comunicare ai tecnici tutte le modifiche insieme, quelle che sto facendo io e le vostre: che ne dite se le passiamo insieme?”. Mario e Francesco, senza nessuna resistenza e capita la situazione, mi hanno mostrato quello che stavano facendo ed io ho condiviso con loro le mie attività e il piano di progetto. Alla fine ho ottenuto il mio scopo senza entrare in conflitto con loro. Abbiamo collaborato pacificamente e la condivisione delle attività ci ha avvicinati e ha responsabilizzato anche loro sul progetto che stavo seguendo.

In sintesi i passaggi del modello della comunicazione empatica sono:

Le azioni concrete che osserviamo

Che influenzano il nostro benessere

Come ci sentiamo in relazione

A ciò che osserviamo

I bisogni, valori, desideri

che creano i nostri sentimenti

le azioni concrete che desideriamo richiedere

al fine di arricchire la nostra vita.

UN MODELLO VALIDO PER TUTTI!

Conoscere questo percorso non serve solo a noi per comunicare meglio. E’ un’ottima traccia che ci può aiutare anche con le persone che non conoscono questo modello ma che, opportunamente stimolati da noi, possono focalizzare meglio qual è la situazione che stanno vivendo, scinderla dalle loro emozioni, comprendere i loro bisogni e quindi effettuare le loro richieste.

Aiutare gli altri in questo percorso fa sì che le persone con cui ci confrontiamo anziché attaccarci sotto l’impulso di loro necessità, possano esprimere con maggior consapevolezza le loro emozioni ed i loro bisogni in modo che sia più facile per noi poi andargli incontro.

La comunicazione empatica ci aiuta così a prevenire i conflitti e a costruire relazioni autentiche ed efficaci sul luogo di lavoro.

Ma ricordati: come sempre, prima di chiedere agli altri di comportarsi diversamente, iniziamo noi ad applicare i cambiamenti, diamo il buon esempio!

Lo sai perché hai l’ulcera? Perché hai solo due forme di comunicazione: il silenzio e la rabbia.

(Dal film Prima di mezzanotte)
Dott. Alberto Ruffinengo Counsellor Professionista Psicosintetico a indirizzo Aziendale
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